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    PandinoPerugino
    Post: 338
    Registrato il: 10/05/2006
    Panda Supremo
    Spammer
    00 02/07/2006 12:40
    ...ma stamattina trafficando tra i file del mio computer ho ritrovato il racconto che avevo scritto per lo scorso trofeo rill (per chi volesse informazioni www.rill.it ) e, dato che avevo promesso di farlo leggere ad alcune persone che frequentano questo forum, spero non vi dispiaccia se lo posto qui...è un po lunghetto, quindi spero che non vi annoi troppo [SM=g27990]

    Alla luce della luna tutto pareva molto più tranquillo e sereno. La pianura si stendeva per chilometri, intervallata qua e là da alberi solitari, dispersi lungo quell’interminabile spazio. Il cielo chiaro mostrava una miriade di stelle e costellazioni, luci lontane, forse appartenenti a corpi celesti oramai scomparsi, le quali luci raggiungono ora gli occhi di chi si trova quaggiù, ad anni luce di distanza. Il tremito della terra, provocato dal rumore assordante dei passi, era finito. Ora nell’aria non si percepiva alcun rumore, solo il fischiare sordo del vento tra le fronde degli alberi. Questa atmosfera parve durare un eternità, tutto sembrava sospeso, come immobile, legato ad un filo sottilissimo, destinato presto a spezzarsi. La luce pallida colpiva nel viso i milioni di uomini che si trovavano in quello spiazzo, immobili, pronti a scattare al minimo segno di un ordine da parte dei comandanti, coloro che, dopo anni di dura ‘gavetta’ erano riusciti a conquistare il potere, ed ora erano pronti a dimostrare il loro valore. Per ore ed ore quel pomeriggio avevano perso il loro tempo a spiegare alle loro truppe come il loro compito fosse importante, come la loro morte non sarebbe stata vana, e il loro nome sarebbe stato ricordato per decenni. E quei pochi fortunati che sarebbero riusciti a tornare a casa potevano tornare dai propri figli, raccontandogli quali imprese eroiche aveva compiuto il loro padre per salvare la sua terra…ma salvarla da cosa? Erano anni che la Terra d’Avorio si era divisa in due schieramenti, la Luna Nera e la Luna Rossa, ma a quanto pareva fino a quel momento non vi era stato alcun segno di conflitto, alcun segno di odio tra le due fazioni. Cosa aveva spinto l’imperatore Nero e l’imperatore Rosso a fronteggiarsi in campo? Per quale motivo metà della popolazione della Terra d’Avorio era ora su quella piana, al centro di Aalgeroth, divisa in due grandi schieramenti, uno guidato da una bandiera rossa con una grande aquila nera al centro e uno guidato da una bandiera nera con un falco bianco impresso su di essa?
    Domande a cui non è lecito e nemmeno consigliato cercare una risposta.
    Alexander era lì, coperto da una grande cotta di maglia, forse troppo grande per un diciottenne. Il suo viso, così pallido e regolare, era teso in un espressione di attesa, un’attesa snervante, che uccide peggio che una lama fredda, l’attesa dell’ordine di attacco. Una lacrima rigò il suo viso troppo giovane, mentre ripensava ai giorni felici, alla sensazione di libertà, all’amore appena conosciuto. Da qualche parte lei, Aurora, era lì, e sperava, pregava, invocava le divinità della Luna affinché vegliassero quella notte sul suo amore, su quel ragazzo che non aveva nulla, non era nulla, che però era riuscito a conquistare il cuore di una principessa, la più bella delle terre conosciute.
    In quell’instante Alexander vide, dritto davanti a sé, il volto di un ragazzo, anch’esso rigato dalle lacrime che scintillavano alla luce della luna. Il cuore gli batteva forte, mentre riconobbe il viso di Demian, il suo amico d’infanzia, colui con cui aveva condiviso momenti di gioia e di dolore. Quel ragazzo ora lo fissava, dall’altro lato della piana, e come lui non riusciva a smettere di piangere.
    Il silenzio stava diventando opprimente, il vento aveva ora smesso di soffiare, e nessun rumore disturbava quella che viene spesso definita ‘la calma prima della tempesta’.
    I due eserciti, che contavano l’uno circa cinquecento mila uomini, erano disposti l’uno di fronte all’altro, nelle prime file si trovavano coloro che avevano poca esperienza, e che quindi erano meno utili nel momento in cui era necessario ribaltare l’esito della battaglia. Quelli che potevano morire, insomma. Tra loro era schierato Alexander, che sperava nell’intervento della fanteria alata, sperava di riuscire a trovare un nascondiglio, giusto il tempo per distrarre il comandante e sparire, non farsi più vedere, lasciare quelle terre con il suo amore, lasciarle per sempre…ma sapeva in cuor suo che ciò era impossibile, che quello che sperava non sarebbe mai accaduto, che il sole non sarebbe più sorto, per lui. Forse era vero. Forse la sua morte sarebbe servita a qualcosa, cosa non lo comprendeva bene, ma se i due magnati della terra d’avorio avevano deciso che quello scontro era necessario, allora un motivo ci doveva pur essere. E come poteva lui, dal suo piccolo, cercare di comprenderlo? Assurdo, stava cercando di elevarsi ai livelli dei grandi stregoni del tempo, coloro che da anni governano con diligenza e scrupolosità quella terra da sogno, quel mondo così puro, così sano…
    E alla fine, ciò che conta è che tutte quelle persone erano lì, in quell’istante, mentre i comandanti gonfiavano il loro petto pieno di arroganza e urlavano “All’attacco!”
    In un secondo il silenzio venne sostituito da un boato di urla e clangore delle armature mentre tutti coloro che si trovavano tra le prime file cominciarono a correre con le lance puntate in avanti. Il ragazzo esitò, e venne subito scaraventato in mezzo alla mischia, spinto da centinaia di persone dietro di lui, che speravano solo che la loro morte potesse essere poco dolorosa. Tutto sembrava come parte di una storia di paura, una di quelle che si raccontano tra ragazzi per vedere chi si spaventa di più, Alexander era incapace di muoversi, paralizzato in mezzo a fiumi di sangue, di terrore, di morte.
    Cosa stava succedendo? Come mai era lì?
    La luce della luna si spense, celata dai corpi dei draghi della fanteria alata, che si scontravano con i loro simili, mentre i cavalieri cadevano dall’alto, e le fiamme rischiaravano il campo da battaglia, inondandolo del rumore dei ruggiti e delle grida.
    Cosa stava succedendo?
    Alexander era ormai circondato da cadaveri ricoperti di sangue, mentre intorno a lui infuriava la battaglia.
    Ad un tratto il ragazzo avvertì una sensazione fredda alla gamba. Ebbe appena il tempo di girarsi lentamente, che tutto divenne chiaro. La sensazione di vivere in una favola si dissolse, portando via con sé l’atmosfera ovattata che aveva fino a quel momento avvolto tutto il campo di battaglia. Una lunga lancia era conficcata nella sua gamba, e un rivolo di sangue riscaldava il suo polpaccio, mentre un'altra lancia era diretta verso la sua testa. Ebbe appena il tempo di alzare lo scudo, che l’uomo davanti a lui vi conficcò la punta in ferro battuto. La forte scossa costrinse il ragazzo a inarcarsi all’indietro, poggiando la mano libera al suolo. Questa mossa, però, fece diventare reale anche il dolore della ferita, che contribuì alla caduta a terra del ragazzo. Non ebbe il tempo di girarsi che una lancia era già posta sotto il suo mento. L’uomo davanti a lui lo squadrò. Era vecchio, la barba bianca spuntava dall’elmo nero con inciso il falco su di esso, e i suoi occhi azzurri erano vuoti, come già morti. In quel momento, nella mente del vecchio, l’immagine del suo figlio, disperso anch’egli in quel campo di battaglia, si fece largo…la somiglianza con quel ragazzo steso a terra sotto la sua alabarda era incredibile. Una lacrima rigò il suo volto, mentre la lancia lentamente si scostava dal collo del ragazzo a terra. Sul suo volto si dipinse un leggero sorriso, e parve quasi che riacquistasse un colore perduto anni addietro. Non era più giusto uccidere, non più.
    In quel momento il sorriso si trasformò in un espressione di paura. Una sensazione di caldo avvolse la mano del ragazzo, che si trovava proprio sotto il petto dell’uomo. Una punta di lancia aveva trafitto la sua cotta di maglia, ed ora il suo assassino, se così può essere definito un uomo che difende la sua vita, era dietro di lui, con il volto straziato dal dolore, e il manico della lancia ancora in pugno. Il vecchio cadde a terra, senza vita, e in quel momento, in quel preciso momento, un tuono squarciò il cielo, e una pioggia leggera ma fitta prese a cadere.
    L’acqua iniziò ad inzuppare le armature già pesanti, rallentando i movimenti di tutti quegli uomini che stavano combattendo per la loro vita, per la loro patria, per i loro sovrani. Le urla si susseguivano senza interruzione, urla di dolore, urla di vittoria, ordini dei comandanti che stavano immobili in un angolo, spronando quelli che si trovavano davanti a loro a mettercela tutta, a metterci anche la propria vita.
    Alexander cominciò a mettere in pratica quello che aveva imparato in una settimana scarna di allenamento, trafiggendo con tutta la forza coloro che si avvicinavano a lui con aria minacciosa, difendendo il suo territorio come un cucciolo impaurito. Il suo viso era teso, pronto al peggio, mentre tutti coloro che si trovavano accanto a lui cadevano in continuazione, con gli occhi rivolti verso l’alto, senza vita. Anche gli enormi draghi cominciavano a cadere, schiacciando con il loro peso i povero combattenti che sfortunatamente si trovavano sotto di loro. Il fuoco circondava il campo di battaglia, bruciando e distruggendo. Alexander si trascinò lentamente verso uno degli alberi vicino a lui ancora non attaccato dalle fiamme dei draghi, e lì cercò di riprendere fiato. Con la schiena appoggiata al tronco continuava a difendersi dagli attacchi ripetuti dei suoi nemici, che cercavano in tutti i modi, proprio come lui, di trovare un luogo sicuro, al riparo dal centro della battaglia, dove lo scontro infuriava. Si accorse che al centro della piana, vi erano tante tuniche nere quante tuniche rosse, e che probabilmente entrambi gli schieramenti stavano perdendo un numero esiguo di combattenti.
    L’atmosfera data dalla pallida luce della luna era ora mutata, e come in un incubo, aveva preso i toni del rosso, il colore del fuoco che qua e là ardeva con vigore. In quella piana, ormai devastata, non mancavano esponenti di ogni tipo di razza presenti su Aalgheroth. Dagli Elfi, creature snelle e agili, abilissimi nel combattimento a distanza; agli Orchi, lenti ma letali nel combattimento corpo a corpo. Vi erano anche i nuovi prodigi della tecnica: enormi torri di legno, sulle quali vi erano gli arceri che scoccavano in continuazione frecce sulla folla. La mente del ragazzo era troppo sconvolta per riuscire a capire quanti avevano abbandonato i loro corpi, tramutandosi in essenze vitali, quelle forze che permettono al mondo di creare, distruggere e plasmare. Quello che sapeva era che nel cielo, ora, centinaia di migliaia di luci erano apparse, e lentamente stavano scomparendo. Probabilmente in quel campo era l’unico in grado di capirlo, l’unico che avesse ereditato i poteri di suo padre, uno stregone di modesta potenza, che lo guidò fin da bambino verso la meravigliose arte della magia. Ecco perché era in grado di vedere quelle luci. Solo chi ha la magia nel suo sangue può percepire la forza delle essenze vitali, e vederle abbandonare i corpi per ricongiungersi alla terra da dove provengono, per questo gli stregoni come suo padre erano abili guaritori. Ora, alla tenera età di diciotto anni, Alexander si ritrovava in quel campo di battaglia, a fronteggiare sempre più nemici, e a vedere sempre più gente morta, sempre più anime lasciare i loro corpi.
    Dopo aver ucciso il suo ultimo nemico, la gamba del ragazzo cedette, facendolo crollare sulle radici dell’albero a cui si era appoggiato. I suoi lunghi rami nodosi, dal basso, parevano avvolgerlo in una stretta calda e rassicurante, e allontanare la paura e l’ansia date da quello scontro che si stava consumando intorno a lui. La sua pelle era sempre più bianca, il sangue copioso lasciava il suo corpo inumidendo i suoi vestiti e la terra secca ai suoi piedi. In quel momento la sua vista si annebbiò; la sua mente cercò rifugio tra quei rami così caldi e accoglienti cercando di ignorare il ruggito dei draghi, e i rumori della battaglia…Il ragazzo chiuse gli occhi, e perse conoscenza.

    Tra le fronde dell’albero, il cielo pareva come incendiarsi all’alba di quel nuovo giorno. Nell’aria non si percepiva alcun suono, l’atmosfera era surreale. Alexander ci mise qualche minuto per dare un senso agli avvenimenti di quella notte. Era sopravvissuto. La sua gamba, ormai quasi inutilizzabile, era stata fortunatamente tamponata dal corpo di un povero disgraziato caduto su di essa poco dopo che il ragazzo ebbe perso i sensi. Tossendo sputò via il sangue che si era accumulato nella sua gola. Il freddo era pungente, forse per la temperatura esterna, forse perché aveva perso davvero molto sangue. Facendo perno sul suo braccio sinistro il ragazzo tentò di alzarsi lentamente, ignorando il dolore lancinante che provava alla gamba. Prese una lancia di ferro vicino a lui, e la usò come bastone per issarsi e cercare aiuto. Riusciva a malapena a tenersi in piedi, ma l’importante era che da lì poteva controllare la situazione molto meglio che da disteso. Il sole stava facendo capolino da dietro le montagne, e l’aria fresca del mattino sollevava la polvere che avvolgeva il campo da battaglia. Intorno a lui la scena era davvero terrificante. Migliaia di corpi erano riversi immobili per tutta la piana, che pareva aver assorbito il color rubino del sangue sparso su di essa. Pochissimi erano coloro che si muovevano ancora, e gli ultimi continuavano a difendere la propria vita, quasi senza forze, cadendo poi a terra per la stanchezza. L’aria era satura dell’odore pungente dei corpi morti. La pioggia aveva smesso di cadere, e aveva lasciato piccole perline rilucenti sulle armature stese a terra, con all’interno corpi vuoti. Alexander si diresse barcollando lontano dal quel disgustoso spettacolo, cercando di non profanare i corpi di coloro che avevano lasciato quelle terre. Proprio quando pensava che la gamba non riusciva più a sorreggerlo il suo piede sbatté contro un corpo conosciuto. Era Demian, il suo amico, che con occhi chiari, vuoti, lo guardava. Pareva respirare ancora, ma il movimento del suo petto era talmente impercettibile che nessuno lo avrebbe potuto vedere. Ma Alexander lo percepiva, il suo amico era ancora lì.
    “Calmo” disse, con un filo di voce “Ora troveremo…troveremo qualcuno…” cadde in ginocchio vicino a lui, respirando affannosamente. Il suo amico mosse un braccio, afferrandogli con tutta la forza che aveva la mano. Sul suo volto si dipinse un sorriso impercettibile, mentre i suoi occhi si svuotavano, la sua essenza si staccava dal suo corpo per volare in alto, come una luce che raggiunge il sole. Alexander vide quella luce sparire lentamente sopra di lui, verso il cielo. La rabbia lo avvolse, mentre la mano del suo amico lentamente perdeva ogni forza, e cadeva a terra con un leggerissimo tonfo. Guardando in alto il ragazzo vide il sole alzarsi in cielo, e illuminare con vigore quella scena, rendendola ancora più reale. Non era un incubo, era la realtà. Cosa importava oramai? Lui era riuscito a difendere la propria vita, ora forse avrebbe potuto vedere il suo amore un'altra volta…
    Seguendo l’essenza del suo amico mentre svaniva nel cielo azzurro, una sensazione gelida avvolse il suo cuore. Una lacrima rigò il suo viso, mentre un calore immenso avvolse tutto il suo corpo. Ecco. Mentre cadeva a terra, riverso sul suo amico, e la lancia che aveva trafitto il suo cuore si spezzava, un uomo in tunica scura cadde dietro di lui, con il volto contratto dal dolore. Prima di morire, era riuscito a portare uno di quei ‘bastardi’ all’inferno con lui.
    Alexander fissò il cielo, e in esso vide la sua vita scorrere via, il suo passato scomparire, il suo presente dissolversi. Niente più futuro per lui, ora non era altro che una delle milioni di essenze che quella notte erano tornate alla loro terra, che ora avrebbero contribuito al ciclo del mondo, tutto ciò che viene creato, prima o poi verrà distrutto, è questa la tragica legge che governa le terre di Aalgeroth. Chiuse gli occhi, con la speranza di poterli riaprire, un giorno lontano…

    Il castello si ergeva in tutta la sua grandezza sulla terra della Luna Nera, circondato da guardie alate con l’unico compito di proteggere il loro sovrano. Una risata si alzò dalla finestra più alta del palazzo, mentre il sole era appena sorto, e i suoi raggi avevano inondato tutta la Terra d’Avorio
    “Scacco matto!” disse lo stregone. Aveva indosso una lunga tunica nera con il disegno di un falco ad ali schiuse su di essa.
    “Dannazione, mi hai giocato!” disse il suo rivale, uno stregone con una tunica rossa con su di essa rappresentata un aquila. L’imperatore rosso osservò con cura, dal suo castello al lato opposto della Terra d’Avorio rispetto a quello dell’imperatore nero, la scacchiera magica che si trovava davanti a lui. Effettivamente nessuna mossa avrebbe potuto tirarlo fuori da quella situazione.
    “Bene, credo proprio che tu abbia vinto” disse, facendo scomparire con un gesto la scacchiera.
    L’imperatore Nero rise di gusto “Diventi sempre irascibile quando perdi…dovresti farci l’abitudine” disse, alzandosi anch’egli, dirigendosi verso la finestra.
    “Scherzi? La prossima volta chi perderà sarai proprio tu, amico mio” la voce dell’imperatore Rosso risuonò sghignazzando per le sale del palazzo del suo avversario.
    “Bene…se vuoi la rivincita…” disse lo stregone nero, sfregandosi le mani.
    “Giusto il tempo di organizzare un altro esercito, poi ti sconfiggerò, è una promessa!”
    “Vedremo…” disse, in tono di sfida “vedremo…”


    Ditemi cosa ne pensate, comunque se volete vi posto anche il racconto vincitore...ah, quest'anno sono ancora in gara, con due racconti, che però non posso pubblicare perchè devo aspettare di sapere se sono in finale [SM=g27990]
    Scusate la pazzia, ma mi andava di farlo leggere [SM=g27995]
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    00Panda - Operazione AntiPuzza
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    Post: 76
    Registrato il: 07/05/2006
    Attendo il titoletto...
    Veterano
    00 04/07/2006 11:47
    bravo!!! niente male! aspetto di leggere i due racconti di quest'anno!!!
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    non possiamo scegliere il tempo in cui vivere, possiamo solo decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso...